Le scorgevi dalle pagine dei magazine e ne rimanevi inspiegabilmente attratta. Le It Girls non vestivano propriamente alla moda, avevano uno stile preciso che spesso rifuggiva da quello dei grandi brand, o meglio, amalgamavano alto e basso con disinvoltura, illudendoti che la replica fosse possibile. Protagoniste del loro tempo, personalità tanto affascinanti quanto inafferrabili, di loro sapevi giusto quel tanto che bastava al copycat modaiolo (che di rado riusciva) e nulla più. Naturalmente dotate di una bellezza fuori dal comune- nonché di una certa noncuranza che inspiegabilmente dava risultati sorprendenti- queste ragazze inconsapevoli dettavano tendenza, orientando sogni e aspirazioni di generazioni a colpi di carisma e personalità. Ma oggi, in un mondo che trabocca di influencers omologate, ragazze perfette con una routine divulgata al secondo, ha ancora senso parlare di It Girls?
Alexa Chung, It Girl assoluta degli anni 2000, durante la London Fashion Week del 2017
Da Clara Bow a Chloë Sevigny passando per Edie Sedgwick: l’evoluzione della It Girl
In realtà, la prima volta che si registra l’uso del termine “It” è nel 1904 quando lo scrittore Rudyard Kipling scrive il racconto Mrs. Bathurst. Per caratterizzare la protagonista, per l’appunto la Signora Bathurst di cui il marinaio Vickery della storia è innamorato, Kipling usa queste parole: “Non è una questione di bellezza, per così dire, né necessariamente un bel discorso. È semplicemente questo. Alcune donne rimangono nella memoria di un uomo una volta che le si è viste camminare per strada". Ecco abbozzato in poche parole il fattore “It”: una seduzione non ostentata che attrae chiunque, un’innata coolness, come diremo noi oggi, che affascina senza apparente spiegazione.
Clara Bow, prima It-Girl della storia, in un ritratto del 1927
Un’espressione che diventa ancor più ricorrente ed efficace negli anni Venti quando la scrittrice e sceneggiatrice britannica Elinor Glyn pubblica It and Other Stories e tratteggia in modo chiaro i contorni di un concetto fino ad allora troppo fumoso, spiegando che “it” altro non è che “la qualità posseduta da alcune persone, che attira tutti con la sua forza magnetica”. La narrazione- che segue le vicende di Betty Lou, ragazza di umili origini che s’innamora del proprietario del grande magazzino per cui lavora- viene ben presto trasposta al cinema (a noi arriva con il titolo di Cosetta) interpretata da quella che ormai viene riconosciuta come l’antesignana di tutte le It Girls: Clara Bow. Madre schizofrenica, padre violento e un’infanzia trascorsa nei bassifondi di Brooklyn, la sua bellezza diventa viatico per il successo, con Hollywood che la riscatta ad attrice simbolo dell’età del jazz, perfetta incarnazione di una flapper dall’attitudine mannish che si veste a piacimento e se ne frega delle regole.
Edie Sedgwick e Andy Warhol nel 1965
Un vissuto tormentato e una vocazione ribelle che hanno caratterizzato anche Edie Sedgwick, factory girl indissolubilmente legata a Warhol, ricoverata per disturbi alimentari in anni in cui il termine era ancora lontano dall’essere tristemente popolare, icona degli anni Sessanta e della loro moda. Dosi massicce di eye-liner a sottolineare lo sguardo, capelli corti a mostrare orecchini chandelier, e micro gonne votate alla causa di quel certo non so che insito in ogni It Girl che si rispetti. È proprio con Edie Sedgwick che prende forma il fenomeno così come lo conosciamo noi oggi; quello di ragazze anticonformiste dalla vita avvolta in un alone di semi-mistero, dotate di un gusto ricercato che pare al contempo, replicabilissimo. Un’attitudine ben descritta in un articolo del 1994 di Jey McInerney che, per il New Yorker, segue per qualche giorno la It Girl dei tempi moderni: un’allora diciannovenne Chloë Sevigny cui le ragazze affibbiano il titolo di nuova sacerdotessa della moda nonostante le mise improbabili. Dirette discendenti del paradigma incarnato dell’attrice americana, le It Girls degli anni 2000 (da Alexa Chung a Lindsay Lohan) sono forse le ultime che possono dirsi degne di tale appellativo. Vuoi l’abuso del termine che ne ha fatto la stampa di settore, vuoi l’attitudine festaiola che da trasgressione si è trasformata in regola per cui al party vali solo se ti fotografano, il carattere (così come lo stile) unico e irripetibile che aveva caratterizzato le It Girls, oggi pare non esserci più.
Chloë Sevigny al Met Gala Cocktail Party del 2016
“That Girl”: la nuova icona femminile nell’epoca dell’iper condivisione
Sveglia presto e necessaria beauty routine. Acqua con limone e via alla scrittura del diario, di fatto una to do list di doveri e piaceri della giornata. Sessione di fitness, colazione con caffè e fiocchi d’avena, lavoro, spesa, pranzo (insalata + frullati vitaminici) e tempo da dedicare alla lettura. Non è fantascienza, bensì la giornata tipo di una “That Girl” che, come intuibile, di fatto con la moda ha poco a che fare. Nemmeno con l’iper produttività e la perfezione a tutti i costi, chiosano da YouTube e TikTok le paladine del nuovo trend che, giurano, è invito a diventare la versione migliore di sé stesse. Poco importa che tra i commenti ai suddetti video ne compaiano, ogni tanto, di allarmanti, con ragazze che nel tentativo di replicare il modello, finiscano poi con il cadere in depressione. Va in effetti notato come per molte altre, invece, la nuova estetica che scandisce la quotidianità di momenti sani e positivi, abbia rappresentato una svolta al vivere sereno e al prendersi cura della propria persona nonostante i ritmi serrati di studio e lavoro che il contemporaneo necessariamente richiede. Piaccia o no, quello della “That Girl” è un nuovo ideale che ispira, anche se lontanissimo da quello dell’originale It Girl che ammaliava il suo pubblico con lifestyle sfuggenti e indecifrabili e proprio per questo magnetici. La rivoluzione digitale ha rotto la coltre di mistero e l’attrattiva dell’imperfezione: il nuovo mantra è postare ogni minuto e il più impeccabili possibili, secondo un programma social che, più che ispirare, sembra costringere senza scampo. Non solo; se le Chloë e le Alexa erano esseri unici e irripetibili e per questo rari, i social media oggi forniscono l’illusione a tutte di poter diventare una It Girl. In fondo basta prendere un trend tra i mille che a cadenza regolare proliferano su Tik Tok e Instagram e volgere su di sé la telecamera. E il gioco, narcisistico e un po' banale, è fatto.